Il quinto ospite by Jenny Knight

Il quinto ospite by Jenny Knight

autore:Jenny Knight [Knight, Jenny]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2024-03-27T07:57:29+00:00


CAPITOLO 20

GEORGE

Ieri

Secondo trimestre del terzo anno

Elle non aveva avuto problemi a procurarsi la xilazina.

«E non se n’è accorto nessuno?», chiese George quando lei scese dalla bici e tirò fuori dalla borsa la boccetta, con un po’ troppa disinvoltura per i suoi gusti. L’aveva aspettata in una strada secondaria dopo essere uscito dalla palestra.

«Certo che no. Ne hanno a secchiate di questa roba. Con il caos che regna lì dentro, c’è da stupirsi che qualcuno non abbia già rubato tutte le medicine. È incredibile la quantità di persone che lasciano le loro gatte libere di vagare e restare incinte… è così irresponsabile, e abbiamo tutti questi gattini malati…».

George di solito la interrompeva quando si lanciava in uno dei suoi monologhi sul benessere dei gatti, ma al momento era più preoccupato che qualcuno notasse la boccetta. Le spinse la mano nella borsa mentre controllava che non ci fosse nessuno in giro.

Stentava ancora a credere che stesse accadendo davvero; si sentiva come un bambino che preparava uno scherzo. Elle, invece, era molto seria e cercava di mettere a punto il piano mentre camminavano fianco a fianco, spingendo le biciclette. «Travis dice che è facile intrufolarsi nell’edificio inagibile. Da lì, grazie alle impalcature, si può raggiungere il parapetto della finestra di Henry». La stanza di Henry, ovviamente, godeva di una vista sulla città ed era dotata di un balcone di fortuna il cui parapetto era unito alle tegole del tetto. «Dovrai trovare il modo di lasciarla aperta quando sarai lì con lui il giorno prima della gara».

George ridacchiò.

«Perché ridi?»

«È emozionante. È come se fossimo in un film o qualcosa del genere».

Elle aggrottò la fronte e si fermò. «Non è eccitante, George. È una cosa seria, non possiamo commettere errori».

«Mi dispiace». Imbarazzato, George diede un piccolo strattone al suo manubrio per incitarla a ripartire. Attraversarono in silenzio il Magdalen Bridge, passando accanto ai turisti sulle chiatte e agli alberi che si riflettevano nell’acqua. Poi George disse: «In realtà non saremo a Oxford. L’intera squadra si trasferisce a Putney il giorno prima della gara».

«Oh, Gesù Cristo! George!».

«Scusa», disse lui con aria colpevole.

Elle si fermò bruscamente sotto un castagno e disse: «Be’, come farò a intrufolarmi in una casa a Putney?».

George scrollò le spalle. «Non lo so».

Lei chiuse gli occhi per un attimo, incredula. George aspettò, sentendosi uno sciocco per non averne parlato prima. Si chiedeva se il suo sogno di partecipare alla Boat Race stesse per infrangersi davanti ai suoi occhi. Ma poi, dopo aver fatto un respiro profondo per calmarsi, con grande sollievo di George Elle ricominciò a spingere la bicicletta. «Okay. Che tipo di casa è?»

«Sono case molto belle, in realtà», rispose George. «Stile vittoriano, grandi giardini. La proprietaria cucina per noi, ci fa il bucato e l’anno scorso suo figlio ha giocato con noi alla PlayStation».

Elle gli lanciò un’occhiata, sollevando un sopracciglio di fronte a quel lusso. «Voi. Sembra che vi crediate tutti degli dèi».

«Lo siamo, in un certo senso».

Elle scosse la testa. «No, non lo siete».

Il piano, alla fine, prevedeva di approfittare di una nuova strategia messa in atto dall’allenatore in via sperimentale.



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